Tempo fa chiesi a Luigi Verolino, storico del mio quartiere, di poter scrivere un testo insieme sugli ultimi trent’anni di storia di Ponticelli a partire dall’11 Novembre 89. Mi disse che i tempi non erano maturi e che la storia ha bisogno di distanza, anche emotiva. In quel momento ho capito che una ricostruzione storica di quanto avvenuto non potrei scriverla, sono troppo compromesso da quanto accaduto.
Ognuno di noi cresce tramite l’esperienza e l’incontro, ma anche con l’imprinting genitoriale e culturale del territorio in cui vive. Insieme alle tante fiabe che mia madre mi raccontava a sera sono cresciuto, tramite il suo ricordo, con due storie vere, crude, del mio quartiere. Storie sentite e risentite decine di volte durante la mia infanzia e adolescenza: la storia di Pasquale Uccello, di cui porto il nome, ucciso durante una rapina il 5 dicembre dell’85 e la storia della strage dell’11 novembre 1989 in cui persero la vita da innocenti Gaetano De Cicco, Salvatore Benaglia, Domenico Guarracino e Gaetano Di Nocera e fu ferita una ragazza di 14 anni.
La fisionomia, lo stato di alterazione dovuto alle droghe di chi ha sparato, ogni singolo secondo di quegli interminabili minuti, dalle sue parole li ho sentiti come un peso alla bocca dello stomaco così tante volte che quando sono stato costretto a raccontarli a mia volta, per me che non c’ero, non è stato affatto facile. Costretto, non è una parola scelta a caso, non un’esagerazione, ogni novembre dopo tantissimi incontri nelle scuole arrivo ad uno stato di quasi alienazione, ma sono spinto, da un qualcosa di più grande dalla responsabilità della Memoria.
Dopo venti anni di silenzio, dal 2011, ogni anno ci riversiamo nelle strade del quartiere, lunedì 11 saremo in tremila, per dire ancora una volta che quanto accaduto è parte della nostra storia, che la Ponticelli di oggi è proprio così a causa di quanto accaduto trent’anni fa, ma anche, con orgoglio, che se qualche piccolissima cosa è cambiata è anche merito di un’azione silente di costruzione, anzi ri-costruzione, della comunità.
Azione perpetua operata da chi questo quartiere non ha mai smesso di amarlo, nella sua storia, nelle sue contraddizioni; non chiusi in un’attesa messianica, ma creando piccole sacche di resistenza quotidiane, pronte ad esplodere ad ogni ingiustizia, capaci di sentire il dolore del nostro popolo e mettere a disposizione le nostre miserie, le nostre braccia e le nostre voci nei momenti più bui, come all’indomani del 7 giugno 2016 quando fu ucciso Ciro Colonna, giovane del quartiere.
La rete messa su dal presidio di Libera Ponticelli ha messo allo stesso tavolo, non a chiacchierare, ma a mangiare lo stesso pane, tante realtà che ogni giorno sono impegnate in questo territorio, ma ancora non basta. Girando ieri sera per i negozi durante gli ultimi giri di attacchinaggio ho sentito un grande affetto dei commercianti e dei passanti verso quei quattro figli del quartiere, nessun commento acido, nessun no a differenza di nove anni fa, tanta corresponsabilità.
Qualche seme sta dando i primi frutti, ma ancora non basta. Sto sentendo un profondo senso di solitudine, in questi nove anni di marcia ci sia stata una totale sospensione della mia vita personale per potermi prestare al racconto di questa storia, non mi pento di nulla, sono tanto stanco, questa forse è l’ultima volta che ne parlo, ma nel profondo del mio cuore so che ancora non basta. Quindi? Oggi come ieri ho ancora un motivo per restare. E tu?
Pasquale Leone
Associazione Terra di Confine
articolo dal sociale24