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Oggi, 9 maggio 2010, ricorre il 32° anno dall’assassinio di Giuseppe Impastato, politico, attivista e conduttore radiofonico, estremamente impegnato contro la lotta alla camorra.
Peppino Impastato è un eroe nazionale. È uno di quegli uomini che non passano inosservati, un combattente, uno che resiste. Peppino è un simbolo, un esempio, è la nostra guida spirituale, la nostra stella polare da seguire. Peppino lo vogliamo seguire perché era uno di noi, perché era uno che ha rifiutato il male per il bene.
Oggi quanti di noi hanno un’idea concreta sulla mafia? Tutti, se consideriamo il particolare pensiero che nell’immaginario collettivo la mafia è quell’insieme di persone, brutte e cattive, che nascono nei quartieri affollati e poveri del sud, e con le pistole e la droga conquistano soldi. Per tante persone la mafia è questo: un ammasso di criminali nati per essere tali, destinati ad essere tali. E’ come se tutti credessero che ci siano famiglie in cui il DNA è onesto o disonesto. Ma la mafia non è solo questo.
Se la mafia è potente, se oggi è ancora così forte il fattore è uno solo, ed è quello che ha portato alla morte di chiunque lottasse contro di essa: la politica.
Peppino è stato ammazzato nel momento in cui si stava immischiando troppo nel luogo dove sul serio vengono prese le decisioni, il consiglio comunale. Nulla sarebbe il sistema di malavita organizzata, senza l’appoggio della politica. Ma non bisogna considerarli come due sistemi separati: sono persone che si mescolano, interessi comuni, scambi di favori.
Peppino è stato anche un grande rivoluzionario: aveva l’opportunità di andare via, di sistemarsi con tranquillità lontano dagli affanni di un piccolo paesino affetto da cancro, poteva stare bene. Invece no. Lui decise di restare (e quanti ragazzi meridionali, invece, questo coraggio non ce l’hanno?). Lui decise di criticare la propria famiglia mafiosa, e di lottare per qualcosa di buono.
Dobbiamo far nascere altri come Peppino, dobbiamo lottare come lui lottò, solo così non morirà mai!
Peppino è vivo e lotta insieme a noi!
Stamattina Peppino avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo della sua campagna elettorale.
Non ci sarà nessun comizio e non ci saranno più altre trasmissioni. Peppino non c’è più, è morto, si è suicidato. No, non sorprendetevi perché le cose sono andate veramente così. Lo dicono i carabinieri, il magistrato lo dice. Dice che hanno trovato un biglietto: “voglio abbandonare la politica e la vita”.
Ecco questa sarebbe la prova del suicidio, la dimostrazione. E lui per abbandonare la politica e la vita che cosa fa: se ne va alla ferrovia, comincia a sbattersi la testa contro un sasso, comincia a sporcare di sangue tutto intorno, poi si fascia il corpo con il tritolo e salta in aria sui binari. Suicidio.
Come l’anarchico Pinelli che vola dalle finestre della questura di Milano oppure come l’editore Feltrinelli che salta in aria sui tralicci dell’Enel. Tutti suicidi. Questo leggerete domani sui giornali, questo vedrete alla televisione. Anzi non leggerete proprio niente, perché domani stampa e televisione si occuperanno di un caso molto importante. Il ritrovamento a Roma dell’onorevole Aldo Moro, ammazzato come un cane dalle brigate rosse. E questa è una notizia che naturalmente fa impallidire tutto il resto. Per cui chi se ne frega del piccolo siciliano di provincia, ma chi se ne fotte di questo Peppino Impastato. Adesso fate una cosa: spegnetela questa radio, voltatevi pure dall’altra parte, tanto si sa come vanno a finire queste cose, si sa che niente può cambiare. Voi avete dalla vostra la forza del buonsenso, quella che non aveva Peppino.
Domani ci saranno i funerali. Voi non andateci, lasciamolo solo. E diciamolo una volta per tutte che noi siciliani la mafia la vogliamo. Ma no perché ci fa paura, perché ci dà sicurezza, perché ci identifica, perché ci piace. Noi siamo la mafia. E tu Peppino non sei stato altro che un povero illuso, tu sei stato un ingenuo, sei stato un nuddu miscato cu niente. [Discorso fatto alla Radio Aut la notte della morte di Peppino Impastato]